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Camillo Loriedo

Professore Associato di Psichiatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Resp. Modulo per il Trattamento dei Disturbi Alimentari, Servizio Speciale di Psicologia Clinica e Psicofarmacologia, Università "La Sapienza" di Roma.


Bulimia: l’epidemia invisibile

Il grande clamore che suscita ogni giorno l’Anoressia Nervosa, amplificato dai media e dall’interesse che suscita nell’opinione pubblica, pone in maggiore evidenza la mancanza di attenzione rivolta alla Bulimia Nervosa.

Tra le patologie dell’alimentazione, la Bulimia Nervosa appare certamente la più insidiosa. A differenza della Anoressia e del Binge Eating Disorder che producono visibili, e spesso drammatici, effetti somatici che spesso si accompagnano a profonde alterazioni dei rapporti sociali e lavorativi, nella Bulimia la presenza di una severa patologia e la inesorabile tendenza a costruire relazioni disfunzionali tendono, di regola, a sottrarsi alla osservazione esterna.

Una apprezzabile forma estetica che conduce spesso a supporre una condizione di ottima salute e una apparente capacità di integrazione psicosociale, solitamente compatibile con un grado lieve-medio di gravità delle condotte alimentari di tipo bulimico, sembrano essere i fattori che più spesso tendono a rendere pressoché invisibile alla osservazione superficiale la presenza di questa patologia.

Queste notazioni spiegano perché la presenza di Bulimia Nervosa nella popolazione generale venga frequentemente sottostimata, nonostante un consistente progressivo aumento di incidenza della patologia rilevato nella maggior parte dei paesi occidentali, negli ultimi dieci anni e ad un elevato coefficiente di pericolosità che, a dispetto delle apparenze, questa malattia dimostra nei fatti.


Adele De Pascale

Prof. Aggregato di Psicologia Clinica, Università la "La Sapienza" di Roma Polo Pontino. Resp. U.O.D. Univ. di Psicologia e Psicoterapia – Centro D.C.A. adulti Osp. Fiorini (Terracina).


Disturbi del Comportamento Alimentare: sviluppi del significato personale e relazionale

Da una prospettiva cognitivista sistemica, la sindrome unitaria dei DCA, sia questa clinicamente caratterizzata dalla anoressia, o dalla obesità e/o da BED o altro, viene concettualizzata come l’espressione comportamentale di un vago e indistinto senso di sè che oscilla intorno a confini antagonisti tra il sentirsi legati all’esterno e per questo dipendenti dal giudizio degli altri e dunque bisognosi della loro approvazione, ed un sentirsi legati all'interno percepito come un vuoto al quale corrisponde un senso di inadeguatezza e per questo il timore di essere criticati e assoggettati o invasi, tanto da esprimere la tendenza a modificare il proprio peso corporeo e per questo il proprio comportamento alimentare in corrispondenza di ogni oscillazione emotiva tra le suddette polarità. Da questo punto di vista si evidenziano come centrali per questi pazienti temi quali il giudizio esterno, il perfezionismo, l’immagine di sè, l’autostima fondati essenzialmente sugli altri.

A partire dalle prime fasi dello sviluppo, la corretta successione delle sequenze comportamentali relative al cibo consente, ma è anche resa possibile - in una stretta reciprocità - dalla percezione e dal continuo raffinarsi del riconoscimento dei diversi stati interni man mano che essi si differenziano, siano questi propriocettivi (vd. fame, sazietà, sonno) che emotivi (rabbia, paura, gioia, dolore, disgusto, noia, etc.). Le caratteristiche dei genitori sono tra gli aspetti più spesso considerati come aventi un ruolo determinante nella patogenesi dei DCA. Le ricerche sull’ambiente familiare hanno evidenziato il ruolo del comportamento dei genitori come pure il loro comportamento alimentare nel favorire il disturbo nei figli.

I genitori offrono un inevitabile modello di apprendimento contribuendo in modo preponderante alla costruzione della qualità dei processi affettivi e di attaccamento nella relazione con la prole. Lo stile di vita familiare, la qualità delle relazioni interpersonali caratterizzate per lo più dalla ambiguità e indefinizione delle espressioni emotive, unite in modo spesso contraddittorio al controllo delle caratteristiche esteriori, sono situazioni che finiscono col creare una condizione di “vuoto” o solitudine affettiva che il bambino percepisce come passivamente imposta. Questa condizione spesso e in modo determinante contribuisce alla genesi di un DCA.


Massimo Ammaniti

Professore Straordinario di Psicopatologia Generale e dell'Età Evolutiva, Professore Ordinario di Psicopatologia dello Sviluppo, Facoltà di Psicologia, Università "La Sapienza" di Roma


I disturbi alimentari infantili: aspetti clinici e diagnostici

I disturbi alimentari nell'infanzia sono oggetto di un interesse crescente in quanto si è rilevato che tendono a persistere anche nelle fasi successive addirittura fino all’adolescenza. Tuttavia la categoria del DSM-TR Disturbi Alimentari è una categoria molto ampia e poco specifica mentre si è definito un nuovo inquadramento evolutivo più specifico sul piano diagnostico e terapeutico. Nel Workshop verranno presentati i quadri vari clinici nell’infanzia mettendo in luce le interazioni con i genitori, utilizzando videoregistrati.

L’Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale

e la Società Italiana Milton Erickson organizzano:


LE NUOVE FRONTIERE DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE

Roma 13 e 14 novembre 2009


Massimo Ammaniti

Adele De Pascale

Camillo Loriedo


AUDITORIUM AUGUSTINIANUM

Via Paolo VI, 25 - R

















Antonella Bozzaotra

La domanda possibile

Caratteristica fondamentale del pensare sistemico è la competenza nel fare domande. 

Nel fare domande distinguiamo la forma della domanda e il suo contenuto.

Il contenuto delle domande rimanda alla necessità dell’esplorazione dei sistemi valoriali del terapeuta.

Insegnare a fare domande è pertanto un obiettivo formativo primario.

La domanda sistemica riguarda la forma della domanda, ma al tempo stesso immette nella relazione formativa i riferimenti affinché l’allievo possa esplicitare le sue epistemologie locali.

Attraverso l’analisi di alcune situazioni cliniche si rifletterà sul processo della co.costruzione delle domande emergenti nel corso del processo terapeutico.


Francesco Canevelli

Analisi della richiesta e costruzione dell’alleanza terapeutica: il terapeuta, dalla riflessività alla sintonizzazione

L’intervento prende origine dalla necessità di una migliore definizione del concetto di “alleanza terapeutica”, comune a molti approcci diversi, per proporre una riflessione sul tema della qualità della relazione terapeutica nell’ottica relazionale.

Verrà pertanto sottolineata la natura inevitabilmente “negoziale” di una relazione che si propone di “costruire un’alleanza” e, in particolare, si porrà l’accento sul contributo del terapeuta in direzione di questo obiettivo.

In quest’ottica, l’analisi della richiesta del paziente/della famiglia viene individuata come pilastro fondamentale, dal momento che si sottolineerà come il significato da privilegiare all’interno del concetto generico di “alleanza” sia proprio quello dell’emergere di una qualità “cooperativa” all’interno della relazione di cura.

A questa prima sottolineatura di base, farà seguito l’ulteriore considerazione di come il terapeuta possa muoversi a partire dalla posizione di riflessività riguardo ai propri stati d’animo sollecitati dalla relazione con il paziente/la famiglia, verso la ricerca di una “sintonizzazione” che riguardi sia il contenuto della richiesta di aiuto, sia le sue modalità affettive, sia le condizioni di praticabilità dell’aiuto stesso che sono segnalate dalle aspettative del paziente/della famiglia.

Sarà poi indispensabile operare una distinzione tra la costruzione dell’alleanza nella relazione con il paziente individuale e quella nei confronti della famiglia.

Nel primo caso si prenderanno in esame gli aspetti impliciti della richiesta di aiuto connessi con i diversi profili di personalità prevalenti nel paziente e sulle risonanze emotive attivate, in entrambi i contraenti, dalla richiesta e dall’incontro con la figura di aiuto. Nel caso della famiglia, si affronterà invece il tema della “scelta” dei contraenti da privilegiare nella ricerca di una relazione cooperativa e delle ulteriori scelte degli obiettivi e delle articolazioni (setting) della relazione di cura, guidate dai criteri di aderenza alla richiesta, di condizioni di attivazione di una qualità negoziale nella relazione, di percorribilità e di efficacia.


Fabio Carnevale

Le età del terapeuta

Sebbene un certo numero di evidenze scientifiche sembri indicare che l’età del terapeuta non costituisca una variabile predittiva dell’esito della psicoterapia, questo aspetto del setting rappresenta spesso un elemento rilevante tanto nelle fantasie e nelle preoccupazioni di chi si forma alle discipline cliniche, quanto nelle aspettative e nelle precomprensioni implicite sulle quali si sedimenta l’alleanza terapeutica. Le immagini del terapeuta anziano, del terapeuta giovane, della barba bianca o del viso imberbe possono diventare la cifra rispetto alla quale si possono misurare gli “effetti alone” e le dimensioni di significato e senso del percorso psicoterapeutico.

Gli strumenti teorici e tecnici dell’approccio ericksoniano offrono una lettura fertile e produttiva degli elementi anagrafici che disegnano il ritratto di uno psicoterapeuta.


Sergio Lupoi, Loredana Migliaccio, Vincenza Zarcone

Emozioni e Relazione Terapeutica

Le emozioni sono un anello fondante sia della conoscenza che della coscienza direzionando e condizionando ambedue queste fondamentali ambiti dell’essere umano, oltre che essere regolatori  dello stato interno dell’individuo in modo da prepararlo ad una reazione specifica a fronte di un input esterno.

La conoscenza si attua durante  una relazione  stimolata da  interazione specifiche  che ne costituiscono di fatto il primum movens  e lo scopo finale. Seguendo Liotti si dividono le interazioni in quattro categorie che danno luogo a sistemi motivazionali interpersonali.

D’altro canto la coscienza nasce dalla prima emozione di sentirsi vivo e le emozioni saranno in grande parte a direzionare la coscienza che prenderà corpo all’interno delle sopracitate relazione con l’intervento indispensabile della memoria.

Questa organizzazione ha il suo corrispettivo organico nel sistema nervoso e nella sua evoluzione che accompagna  l’emergere della coscienza e della conoscenza più astratta.

La relazione terapeutica è un cammino di conoscenza  reciproca all’interno di varie tipologie di relazioni che attivano particolari sistemi motivazionali, emotivi e cognitivi che saranno il motore della stessa relazione.

Nella terapia relazionale con famiglie e coppie che condividono lo stesso spazio terapeutico si va a formare,  in concreto, una rete di relazioni che coinvolgono vari livelli del singolo partecipante , del sistema familiare e co-terapeutico  ricreando un particolare contesto   simile a quello in cui ogni partecipante nella propria crescita ha provato  emozioni  e le ha elaborate all’interno del proprio modo di catalogare la realtà e le continua  ad utilizzare nelle relazioni attuali e nel concepire il mondo.

I coterapeuti, avranno modo di partecipare, durante le sedute di terapia congiunta, a questo crogiolo di emozioni con il proprio modo di segmentarle, provarle, esprimerle, pervenendo  così ad una  conoscenza, esperienziale e astratta, dei pazienti e di se stessi a diversi livelli, promuovendo, se questa azione è effettuata correttamente, un processo di cambiamento.

Empatia,alleanza terapeutica, identificazione proiettiva, isomorfismi  di modelli relazionali della coppia terapeutica, coinvolgimento,risonanze, esperienze emotive, processi cognitivi durante l’interazione , curiosità e  fantasie del terapeuta, le emergenze della coppia terapeutica, saranno temi trattati all’interno di esempi clinici raccontati, fatti vedere con nastri e simulate preparate  adeguatamente.


Giovanna Madonna

Il martello e la viola d’amore

Nell’intervento vengono esaminate le caratteristiche della percezione sensoriale e della percezione estetica. Si considera quindi come le due suddette modalità della percezione costituiscano la base dell’attività diagnostica di uno psicoterapeuta. Si considera, infine, l’utilità, per uno psicoterapeuta, di affinare e coltivare le sue capacità percettive, in relazione a entrambe le modalità della percezione, e di combinare i prodotti delle due modalità.


Lorenzo Polli

Utilizzo del Sè e Self-Disclosure in Psicoterapia Sistemica

A fronte della centralità che occupa nella relazione terapeutica, il Sé resta un concetto che si presta a molteplici interpretazioni. Alla polisemia del termine corrispondono una pluralità di pratiche cliniche che ad esso, direttamente o indirittamente, esplicitamente o implicitamente, rimandano. Il presente contributo si propone di favorire una chiarificazione concettuale su queste tematiche.

La finalità indicata sarà perseguita muovendo da due vertici: uno teorico e uno clinico.

L’interesse della prospettiva sistemico-relazionale per il Sé non è recente, nel movimento familiare, soprattutto tra i pionieri, si ritrovano importanti riferimenti al tema. Si tratta di contributi restati in ombra durante l’impero del modello pragmatista. Senza minimizzare il contributo dei teorici della scatola nera, si proporrà una visione co-evolutiva nella quale Sé e relazione, pur restando ancorati a livelli distinti, sono strettamente connessi.

Di questa connessione, passando al vertice clinico, si trovano forti tracce nella pratica del terapeuta sistemico. Molte scelte del clinico sono ispirate, in un modo consapevole o meno, dal proprio Sé e dalla relazione terapeutica. Questa ricorsività tra Sé-relazione terapeutica-tecnica sarà illustrata attraverso materiale clinico.

La Self-disclosure è discussa all’interno del confine concettuale indicato.


Wilma Trasarti Sponti, Anna Maria Rapone

Co-Crescita e Comunicazione Paziente-Terapeuta-Didatta-Allievo, attraverso Whitaker ed Erickson

Modello di base è la Terapia Centrata sul Terapeuta che è fondamento del loro lavoro come terapeute didatte e supervisori.

Il presente lavoro propone un modello integrato di Psicoterapia Sistemica Relazionale e Psicoterapia Ipnotica Ericksoniana elaborato dalle autrici attraverso la esperienza e la riflessione sulla loro lunga attività clinica e sulla didattica sperimentata attraverso Whitaker, Loriedo ed Erickson. Le autrici propongono il Modello Integrato sia nella Terapia che nella Didattica.

Il rigore fenomenologico di Vella e la sua attenzione agli etimi, l’incontro con l’esperenzialità di Whitaker ed il modello di comunicazione di Erikson, permettono al terapeuta di trasmettere il modello integrato ai giovani allievi ed allievi-didatti.

 

Camillo Valerio

Il non-relazionabile nell’intervento ipnotico ericksoniano.

Come in ogni altra psicoterapia, anche nell’approccio ericksoniano l’esperienza personale del terapeuta deve essere al servizio dell’aumento della gamma possibilità cui il cliente può accedere nelle diverse dimensioni del proprio essere. Il terapeuta sarà ben lungi dal proporsi come modello valoriale, culturale, esperienziale o metacontestuale e manterrà, pertanto, la propria “asimmetria” – per altro foriera di responsabilità – nella relazione terapeutica in termini di processo e non già di “contenuti”. L’ipnotista ericksoniano, che pure fa tesoro di quella relazione particolare chiamata rapport, distinguibile da altre forme di relazione terapeutica per l’elevato assorbimento reciproco contrassegnato anche “psicosomaticamente", ne dovrà evitare la totalizzazione, guardandosi dal privilegiare/proporre/imporre la propria trance ipnotica in termini di modalità di induzione e di vissuto. L’attualità di questa riflessione è confermata dal discutibile modello di ipnotista proposto in questi mesi dall’omonimo bestseller di Lars Kepler.

LA TERAPIA CENTRATA SUL TERAPEUTA: DALLA SELF-DISCLOSURE

ALLA COSTRUZIONE DELL’ALLEANZA TERAPEUTICA

19 e 20 marzo 2010


Dialogo Introduttivo di Maurizio Andolfi e Camillo Loriedo,

con Francesco Canevelli, Sergio Lupoi, Giovanni Madonna,

Wilma Trasarti Sponti, Camillo Valerio, Fabio Carnevale ed altri



AUDITORIUM AUGUSTINIANUM, Via Paolo VI, 25 - ROMA












Ogni trattamento medico efficace comporta necessariamente dei rischi.

Quali sono i rischi connessi all’ipnosi ?

Morire in trance ?

Come ridurre i rischi e gestire efficacemente complicanze ed effetti collaterali in ipnositerapia, trasformando un problema in una opportunità.

Domenica 25 aprile 2010

Milano, Hotel Ascot, Via Lentasio 3

IL LATO OSCURO DELL’IPNOSI

Complicanze ed effetti collaterali in ambito clinico, sperimentale e nell’intrattenimento

Tutto quello che nessuno vi ha detto !


Un workshop 

di Giuseppe De Benedittis

Centro Interdipartimentale per lo Studio e la Terapia del Dolore, Università di Milano & Società Italiana di Ipnosi

LA PRATICA PSICOTERAPEUTICA DELL’IPNOSI

Roma, 16 e 17 settembre 2010

Seminario clinico con Camillo Loriedo


Tecniche, processo, costruzione dell’alleanza, impasse e risoluzioni in psicoterapia tramite esemplificazioni cliniche e dimostrazioni




TECNICHE AVANZATE DI PSICOTERAPIA: L’ATTUNEMENT

Roma, 18 e 19 settembre 2010

Workshop avanzato con Jeffrey Zeig


L’Attunement può essere considerato il livello più profondo del rapport e un fondamento dell’empatia. Come costruire una sintonia con le emozioni, con i comportamenti, con i pattern cognitivi, temperamentali, percettivion e relazionali, e anche come stabilire una sintonia con le associazioni preconscie del soggetto che guidano il comportamento. Un precursore di ogni forma di intervento, l’attunement sarà descritto dalla prospettiva dell’ipnosi della psicoterapia, e della psicologia sociale. Saranno discusse le applicazioni cliniche, anche attraverso dimostrazioni ed esercitazioni.

LA PRATICA PSICOTERAPEUTICA DELL’IPNOSI

Roma, 13 e 14 novembre 2010

WORKSHOP AVANZATO con Daniel Kohen (Professore di Pediatria, Direttore del Developmental-Behavioral Pediatrics Program, University of Minnesota, USA)


L’IPNOSI PEDIATRICA: SPIEGARE E SCOPRIRE L’IPNOSI NELL’INCONTRO CON I BAMBINI E CON LE FAMIGLIE

Dalla ipnosi pediatrica evidence-based alla discussione, dimostrazione e applicazione pratica nel lavoro di tutti i giorni con i bambini e adolescenti. Verranno proposte, tramite Power Point e Video, esempi e discussione di casi clinici relativi all’impiego dell’ipnosi con bambini affetti da Dolore Ricorrente e Cronico con problemi di Ansia e di Disturbi del Sonno (Disturbi dell’Inizio e del Mantenimento del Sonno, Parasonnie, ecc.), Disturbi dell’Eliminazione (Enuresi, Encopresi), Problemi di Abitudini (Tics, Sindrome di Tourette), Patologie Croniche (come Asma, Emicrania, Intestino Irritabile, Diabete, Cancro) e altro.


SEDE: Università La Sapienza, Aula B1, Via Caserta, 6 - Roma